domenica 1 febbraio 2015

"La teoria del tutto": finché c'è vita, c'è speranza.

Ultimamente i tanti impegni universitari mi hanno tenuta incollata alla scrivania e lontana dal blog. Ma, tra un esame appena dato e uno che devo ancora iniziare a preparare, ho deciso di prendermi una piccola pausa e concedermi dei meritati giorni in compagnia del mio divano e di tutte le puntate accumulate in queste tre settimane di studio intenso. Naturalmente non potevano mancare una serata al cinema ed un film che desideravo vedere dall'annuncio della sua uscita: "La teoria del tutto", trasposizione cinematografica della biografia del famosissimo fisico e cosmologo Stephen Hawking. 

Premessa: è un film che dovete assolutamente vedere, e se non lo avete ancora fatto correte al cinema e comprate un biglietto,assicurandovi però di avere con voi un bel po' di fazzoletti. Per quanto mi riguarda, il film non racconta semplicemente la vita e la malattia dello studioso, a cui in giovane età è stata diagnosticata la malattia del motoneurone, una patologia rara e incurabile che comporta una progressiva atrofizzazione dei muscoli, ma racconta la forza che risiede nella vita e nella malattia stessa, forza di cui il fisico ha deciso di farsi portavoce. L'aspetto scientifico passa in secondo piano, e i riflettori sono puntati tutti su Hawking e il suo personalissimo modo di vedere e affrontare il mondo, e sulla moglie Jane, sua compagna nella battaglia contro quella malattia che gli aveva dato un'aspettativa di soli due anni di vita.
E' un film toccante ed ironico allo stesso tempo, che alterna scene di commozione e scene di sane risate. E' stato particolarmente forte per me dal punto di vista emotivo, avendo io vissuto da vicino l'esperienza di una malattia molto simile a quella del protagonista, ed avendo visto cosa si prova a stare "dall'altra parte", identificarsi con Jane non è stato poi così difficile.


L'interpretazione dei due protagonisti è sublime: Eddie Redmayne, già vincitore di un Golden Globe come miglior attore in un film drammatico e ora candidato agli Oscar come migliore attore protagonista, veste perfettamente i panni di Hawking, il quale ha apprezzato moltissimo la performance dell'attore e in un'intervista ha dichiarato: "Ha passato diverso tempo con persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per potere essere credibile. Sembrava me, agiva come me e aveva il mio senso dell'umorismo". Confesso di non aver ancora visto tutti i film che aspirano alla vittoria della tanto ambita statuetta, ma sono quasi certa di aver scelto il mio vincitore, almeno per quanto riguarda la categoria del protagonista maschile.


Vi lascio con la frase finale del film, e vi invito nuovamente ad andarlo a vedere perchè vi assicuro che uscirete dalla sala e vi sentirete diversi rispetto a quando ci eravate entrati, e questa è una sensazione che solo i grandi film riescono a lasciare.

"Non ci dovrebbero essere limiti alla ricerca umana. Siamo tutti diversi. E per quanto la vita possa sembrare cattiva, c’è sempre qualcosa che si può fare e riuscirci. Finché c’è vita, c’è speranza."
A presto,
Emme.






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