domenica 12 febbraio 2017

#Sanremo2017: perchè ha vinto una canzone con il genitivo sassone nel titolo.

Si è conclusa ieri sera l'edizione del Festival di Sanremo numero sessantasette e, forse per la prima volta, sono felice del vincitore, Francesco Gabbani e la sua Occidentali's Karma. Quest'anno l'ho presa veramente sul personale, tant'è vero che non solo ho votato spendendo quell'unico euro che adesso non permette alla mia promozione di riattivarsi, ma quando hanno annunciato il vincitore- erano circa le due meno venti- ho anche urlato un "ce l'abbiamo fatta" così pieno di soddisfazione che mia mamma dall'altra stanza è corsa pensando fosse successo qualcosa. 
Ve lo sareste mai aspettato? Ve lo sareste mai aspettato che a vincere sarebbe stata una canzone con il genitivo sassone nel titolo? ( per chi non lo sapesse è una struttura tipica della grammatica anglosassone). Stiamo sempre parlando di Sanremo, del festival della canzone italiana, della tradizione, dell'orgoglio nazionale e del patriottismo che ci esce sempre nelle occasioni in cui è meno richiesto. Il fatto è che Gabbani, non contento,  non si è fermato mica al titolo; dentro ci ha piazzato ancora una volta l'inglese, il latino ed un bel po' di sanscrito. E, nonostante tutte queste interferenze culturali, ha centrato l'obiettivo. Gabbani è lo specchio di una generazione che si è stancata del solito stereotipo del bel paese pizza, mafia e mandolino, di una generazione che non ha paura di varcare i sicuri confini di casa: parla della crisi dell'uomo contemporaneo occidentale unendo la filosofia orientale e quel funk adatto ai telespettatori da zero a novantanove anni. Ed è una cosa bellissima. Gabbani che chiede scusa, in lacrime, alla Mannoia è poi segno di grande umiltà e rispetto.
Anno strano questo per un Festival che sarà di sicuro ricordato. Anno che vede la disfatta dei talent e la lungimiranza della categoria giovani (tra i primi tre, Gabbani e Meta hanno un passato tra i giovani, mentre sulla Mannoia non c'è ovviamente bisogno di aggiungere altro) e l'inconsistenza del rap come genere popolare (due rapper eliminati e Clementino ultimo in classifica). Un festival che ha fatto della sobrietà la sua parola d'ordine. Complice, senza dubbio, la presenza della Maria nazionale, che seppur un po' a disagio nelle prime sere- perchè come lei stessa dice in un'intervista rilasciata ad Alberto Mattioli "Avevo paura. [...] I miei programmi sono miei perché li penso e li invento dall’inizio alla fine. Se ho cominciato ad andare in video è perché volevo che andasse in onda tutto quel che avevo in testa e come lo avevo in testa. Non sono una conduttrice, sono un’autrice che conduce. Ovviamente, al Festival non è così»- si fa portatrice dell'eleganza che la contraddistingue al fianco di un ormai navigato e più a suo agio Carlo Conti. 
E' il festival del sociale, e non solo negli ospiti - i soccorritori del Ricopiano, il nonno che ha salvato il nipote durante l'attentato di Nizza, ma anche Mika e la sua esibizione arcobaleno- ma sopratutto nelle canzoni: sul podio in ordine troviamo la decadenza della società occidentale, la difficoltà e la bellezza della vita e la violenza domestica. Sarà che ci siamo stancati pure delle solite canzoni d'amore già sentite e risentite- anche se io Michele Bravi l'avrei voluto sul podio. 

E' stato davvero un bel festival. Peccato per il mancato podio di Michele Bravi e per le posizioni così basse di Moro e Samuel che si rifaranno sicuramente in radio. Ora si parlerà del festival per i prossimi sei mesi, fino a quando non si inizieranno a fare previsioni sui possibili presentatori ed ospiti di quello del prossimo anno. Ma a noi sta bene così. In fondo, Sanremo è Sanremo.

A presto,

Emme.

Nessun commento:

Posta un commento