Ve lo sareste mai aspettato? Ve lo sareste mai aspettato che a vincere sarebbe stata una canzone con il genitivo sassone nel titolo? ( per chi non lo sapesse è una struttura tipica della grammatica anglosassone). Stiamo sempre parlando di Sanremo, del festival della canzone italiana, della tradizione, dell'orgoglio nazionale e del patriottismo che ci esce sempre nelle occasioni in cui è meno richiesto. Il fatto è che Gabbani, non contento, non si è fermato mica al titolo; dentro ci ha piazzato ancora una volta l'inglese, il latino ed un bel po' di sanscrito. E, nonostante tutte queste interferenze culturali, ha centrato l'obiettivo. Gabbani è lo specchio di una generazione che si è stancata del solito stereotipo del bel paese pizza, mafia e mandolino, di una generazione che non ha paura di varcare i sicuri confini di casa: parla della crisi dell'uomo contemporaneo occidentale unendo la filosofia orientale e quel funk adatto ai telespettatori da zero a novantanove anni. Ed è una cosa bellissima. Gabbani che chiede scusa, in lacrime, alla Mannoia è poi segno di grande umiltà e rispetto.Anno strano questo per un Festival che sarà di sicuro ricordato. Anno che vede la disfatta dei talent e la lungimiranza della categoria giovani (tra i primi tre, Gabbani e Meta hanno un passato tra i giovani, mentre sulla Mannoia non c'è ovviamente bisogno di aggiungere altro) e l'inconsistenza del rap come genere popolare (due rapper eliminati e Clementino ultimo in classifica). Un festival che ha fatto della sobrietà la sua parola d'ordine. Complice, senza dubbio, la presenza della Maria nazionale, che seppur un po' a disagio nelle prime sere- perchè come lei stessa dice in un'intervista rilasciata ad Alberto Mattioli "Avevo paura. [...] I miei programmi sono miei perché li penso e li invento dall’inizio alla fine. Se ho cominciato ad andare in video è perché volevo che andasse in onda tutto quel che avevo in testa e come lo avevo in testa. Non sono una conduttrice, sono un’autrice che conduce. Ovviamente, al Festival non è così»- si fa portatrice dell'eleganza che la contraddistingue al fianco di un ormai navigato e più a suo agio Carlo Conti.
E' il festival del sociale, e non solo negli ospiti - i soccorritori del Ricopiano, il nonno che ha salvato il nipote durante l'attentato di Nizza, ma anche Mika e la sua esibizione arcobaleno- ma sopratutto nelle canzoni: sul podio in ordine troviamo la decadenza della società occidentale, la difficoltà e la bellezza della vita e la violenza domestica. Sarà che ci siamo stancati pure delle solite canzoni d'amore già sentite e risentite- anche se io Michele Bravi l'avrei voluto sul podio. E' stato davvero un bel festival. Peccato per il mancato podio di Michele Bravi e per le posizioni così basse di Moro e Samuel che si rifaranno sicuramente in radio. Ora si parlerà del festival per i prossimi sei mesi, fino a quando non si inizieranno a fare previsioni sui possibili presentatori ed ospiti di quello del prossimo anno. Ma a noi sta bene così. In fondo, Sanremo è Sanremo.
A presto,
Emme.

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